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Chansons - Ve li do io i lilleri e lalleri

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Ve li do io lilleri e i lalleri, vo' altri viareggini 'un sete degni neanco
di unge il chiavaccio di Porta Sant'Anna. Acqua, rena, ignoranza.
Restereste indigesti perfino alla pantera se fosse sempre di ciccia.
Sabete, mbrenno il nome della città, con la tinta perugina fin sull'orlo delle mura,
Ma se non venite in quel del buccellato, i fogli di carta bollata per le vostre 'ose,
le 'ase, le 'hiese, le 'hiuse, chi ve li firma? Bella mi' Lucca! Bella mi' Lucca.
Venni i fillunghi amati, andavi ad ammeati', ora mi tocca.
Vaggo a Viareggio, mi stiaffo per la rena, così il dolore al rene passerà.

Ho scritto in carta…
In via Paolina, ad una famiglina che di meglio non ne puoi trovare.
Camera mobiliata con l'uso di salotto, cucina e ciottoli,
uno scricchiello di funa nell'orto per i stendi e la biancheria di sotto,
gabinetto a volontà del cliente con l'obbligo di arte propria
e pompatura dell'acqua dopo lo scario.
Pensa e ripensa, si piglia o non si piglia, Vicario la famiglia in dirigenza.
Noi quattro dentro, i bambori davanti, parevimo briganti del Far West.
Vien sin da Chiapperino, Ponte a Moriano, Svotonno anco Fagnano, per vedetti parti' miè.
Addio, Lucca, dall'acque sorgenti e pioviscolose.
Pusse però la cremina in punta di gota, ma la mi' Concetta nel dolore della dipartita
era da paragonarsi tutta alla Lucia Mondella dei "Compromessi" Sposi,
quando scappon su la chiatta per via che il Don Enrico
ni voleva bruciar il paglione a Renzo Tremarino, ladra tera.

Partimmo, viaggiommo, arrivommo, bussommo, entrommo.
E non rivivelli dei fagiolini!
Scesi nello scivolino della tromba delle scale, gremiti che ci pareva l'oda del pane.
Si fenno un festone come se fossimo fratelli di sangue liberati dalle tragedie del teremoto:
basci col succhiotto a bambori che allegavino come le nespole,
Manate in sulle spalle a' mi' vecchi da risveglianni i catari.
S'aiutò uno a fa' il trasloco dei fagotti alimentari dal tetto della diligenza al tavolino del salotto buono,
ma quando mi viense indell'idea di fa' il controllo numerio,
m'accorsi che mancava il fagotto dell'uva passora.
Dice il Sor Giuseppe Marittimo: "Ve lo sarete scordo".
Come l'essere scordo di levarsi i gracini dalla bazza.
Allora il rosso peperonato, rimirando la ciccia prosperosa dalla mi' Concetta, mi fa:
"'Un è tanto per l'uva, ma quando veggo la passora 'un mi tengo più alle mosse, ladra tera".

La passora parte, i primi di bassonno e male da dipeste. 'Un si trovo, mo' stato
non fosse denoti alle matrasse, pareva quasi d'esse nati di sia la mi' Concetta
Lucca o una potta smutò sulla mandritta e con una patta mi tramoretti.
Te la riordi mieve la bella rota di salame per danni di merenda a bambore in sulle piagge?
Sparite? Eh sparite, vella e anche l'unto di perdita insugato nell'anta della credenza.
Allora se la sommangi i viareggini? Cosa ci ni vorrebbe alludere con questo processo intenzionato
Mi fa il Sor Giuseppe Marittimo: "No' altri siamo gente lavorativa e di parrocchia,
tutto di stianto fu te ri de su bambore e la Sor Annunziata su legittima sposa,
invionno a fa la faccia di vecea tra sudada frontali.
Dopo due uncati a voto, le mani appigiate a belliori, si chinonno a scrannino
e fiuoresce dalla bocca pezzi di salame che parevin bistecche, ladra tera.

Reato confesso, bel mi bo, 'un basterebbe un taro da ringhe per difendili.
Pu' esse quello che abbiam compro da Gigione, dice il Sor Giuseppe,
ma quando la non si atona di è dell'ultimo uncata che ni liberò il culaccino dallo strozzo,
Gigione un par di coglioni barini feci, e proprio il mi' salame di mi' fattura casalinga.
Ne sete proprio sicuro? Ne son sicuro sì, lo rionosco dallo spago, ladra tera.

Per chi lucchesi? Ma allora che dite i regini che con le mutande rotte ci fanno i colletti alle amiche?
Gabinetto di licenza nel fondo dell'orti scoredato dalla porta richiusa.
Perché Sor Giuseppe Marittimo non ci fate rimettere la porta?
Dice: "Perché per via delle mie ambizioni politiche devo controllare
lo sforzo prodotto dagli italiani nel momento del bisogno".
Guanciale senza federa, lenzoli teghi, carta peorati, con uno ce ne avevino fatto otto;
tiravi da' piedi, ti si scoprivino le fattezze petturali;
tiravi dalla chiocca, risultavi come il morto di Olaera adagiato sopra il birroccio.
Dice: "Casa lontana da fossi malarici e albe limitrofi, fra zanzare, pulci,
burbiglion colleorna, ci ni pareva, iolai, il giardino beologico.
Zanzare impallati da riscambialle, iolai, per liofanti,
su chiavi 'na pompa come bambori da latte attaccati al pirolin de la balia".
Dopo tre notti parevimo tutti le posse artesiani, cini di un po' di zampirone fumogino,
dice il Sor Giuseppe: "Per alleccurille di più, grosse come si rimpassino per danni sterminio,
cini vorrebbe sì, ma delle belle supposte avvelenate, ladra terra.

Una notte ti sento proveni' uno strappo dall'est del mi' socero,
Seguito subito dopo da un grido lacerato da smovecca cinasci del soffitto.
"Che è successo? Cosa c'è, oh pa'?"
Dice: "Tira di cima, tira di fondo, mi si strappa un lenzuolo nel mezzo.
Ma non importa, mia ho gridato tanto per un lenzuolo rotto,
ma io ho gridato per via dello zanzarone". "Quale, oh pa'?"
Dice: "Quello delle tre e mezza che entra da un succhiotto e poi va via".
"E in che punto v'ha punto?"
Dice: "a cazone dello strappo centrale.
Ma punto a punto, non punto, Cormèo, mi serve più,
ma mi c'ero tanto affezionato, ladra tera".

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