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Canzoni - Miriordo

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Primavera son verdi le foglie,
son verdi le voglie,
son verdi i perché.
Con il sole che bacia le soglie
odiate spardiglie
non fate per me.
Oggi è il giorno di San Benedetto
e sotto il mio tetto sapete che c’è,
c’è una rondine bianca sul petto
c’è un nido già fatto
venite a vede'.

Co' le fave c’è bono il formaggio
profuma Viareggio
di rose e pansé;
ogni sera nel bene di Maggio
d’amore un messaggio
purissimo c’è.
O gran madre del Cielo Regina
Viareggio s’inchina
prostrato ai tuoi piè,
io però le cantavo bambina
perché la scambiavo
Beppina per te.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.
È la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Al Balena ci vanno i signori
Salviati, Ginori, Bertolli e Garè,
al Colombo curati e priori,
le monache al Dori
dal tocco alle tre.
Pottaioni bisunti arroganti
un vo' più bagnanti però sai com’è
semo poveri i debiti en tanti
sensali su canti
pensate anche a me.

Ferragosto cornetti e briosce,
fra puppore e cosce
la ciccia che c’è.
Il patino, signora, non esce
col mare che cresce
rimane dov’è.
In carrozza, da Berto guidata,
da pogo è passata Madama Dorè
co’ budelli dell’ultima ondata
va in giro agghindata
per falli vede'.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.
È la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Grigio autunno, languori d’amore
le sere per ore
si stamo a guarda'.
Se domani ti porto a fa' more
tu’ madre se occorre
che cosa dirà?
"Non badare se Egisto t'attesta,
non dire mai basta
fin lì ci poi sta’,
Ma se vol qualcos’altro, Mercede
lu’ prima di gode'
ti deve sposa'."

Di mi’ padre le lettere stinte
che scrisse dal fronte
pensando a mi ma'.
Delle giostre le donne dipinte
dell’ottovolante
la velocità.
Del balletto, il costume azzardato,
del cinema muto
le fatue beltà.
Il sapore del primo peccato
da me confessato,
ma solo a metà.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.
È la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Un presepio col Bamboro rotto
ci vole il panciotto
col freddo che fa.
La scabodda, la strega, ‘linchetto,
l’orribile aspetto
dell’eternità.
La mi’ nonna sdraiata sul letto,
l’impiastro sul petto,
la tosse che ha!
Le’ vorrebbe arriva' a novantotto,
ma il medico ha detto
che un ce la farà.

La civetta ha cantato stanotte
spirata è alle sette
l’Adele del Re
e in cucina da quando en le sette
che odore di latte
bruciato che c’è!

Una croce, un lumino, un ritratto,
du’ fiori, uno scritto
lì dentro chi c’è?
C’è la vita; la vita, oh bimbetto,
che tutt’ad un tratto
s’è messa a sede'!

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.
È la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

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